martedì 8 luglio 2014

UNA VISIONE DEL MOVIMENTO POLITICO COME PATTO FEDERATIVO

In Italia e nel mondo i partiti politici sono organizzazioni di potere che si ispirano ad alcuni principi di fondo e sulla base di questi creano una struttura di potere interno, di tipo più o meno democratico, ma più spesso personalistico, che consente a gruppi organizzati di persone di candidarsi a cariche politiche elettive, per poi essere eletti.

Questa forma politica del partito ha nel POTERE personale di alcuni la sua maggiore caratterizzazione. I LEADERS coltivano la loro visibilità pubblica e si circondano di amicizie politiche legate da rapporti di interesse reciproco che preludono alla costruzione di quel sistema di relazioni anche perverse e corrotte che in Italia ha raggiunto il vertice dell'espansione, facendo dell'Italia l'esempio negativo per eccellenza di ciò che la politica NON dovrebbe essere.
In questo tipo di partito gli elettori sono strumenti del potere, da conquistare con favori clientelari, promesse populistiche da non mantenere, induzione televisiva e giornalistica, ecc, ecc.

Questo tipo di aggregazione politica è sempre stato favorito in passato dalla presenza di forti ideologie totalizzanti, in cui l'elettore si sentiva obbligato a votare per appartenenza ideologica, qualsiasi cosa fosse poi il partito per cui votava. Tipicamente queste grandi aree sono state quella cattolica e quella marxista, almeno in Italia. Oggi il peso di queste spinte ideologiche è venuto meno. Il quadro politico si sta disgregando rapidamente e stanno nascendo un numero rilevante di piccoli raggruppamenti, anche su base locale, privi di forza politica individuale, incapaci di aggregazione di massa, spesso senza prospettive di superamento degli sbarramenti elettorali e comunque, se presenti nelle istituzioni, non in grado di esprimere una forza maggioritaria.
Questa situazione costituisce un dato di fatto oggettivo, non modificabile.
Come creare allora una coalizione di forze capace di diventare forza di governo ?

E' possibile immaginare una nuova FORMA di aggregazione politica che parta dalla constatazione della realtà per costruire un percorso capace di tradursi in un risultato operativo di governabilità politica. In buona sostanza questa visione immagina un Movimento Politico Aperto come terreno di coltura del fare politica, in cui l'organizzazione abbia il solo scopo di favorire un rigoglioso sviluppo di iniziative politiche individuali e di gruppo, di confronto politico tematico, di analisi dei problemi, di formulazione di proposte e di loro diffusione, dove quelli che coltivano ambizioni politiche elettive esterne, che cioè vogliano diventare parlamentari, o vogliano accedere ad altre cariche elettive locali, abbiano la possibilità di esprimersi, di crescere e poi, al momento opportuno, di presentarsi agli elettori con i propri programmi, frutto di quanto il movimento politico è riuscito a produrre a vantaggio di tutti.
Questi candidati sarebbero molto INDIPENDENTI dal Movimento Politico Aperto (che chiameremo qui MPA), in quanto non espressione di cordate interne e di sistemi di aggregazione interna per il potere. La loro candidatura alle elezioni deve poi venire confermata da un sistema di PRIMARIE INTERNE, aventi il solo scopo di ridurre il numero di candidati che si presentano al numero di candidati massimo che il Movimento può mettere in lista. Chi viene eletto in questo modo non ha davvero alcun vincolo di mandato, come previsto dalla Costituzione, in quanto espressione autonoma dall'MPA, essendosi proposto come soggetto a se, con un proprio programma politico, anche se inquadrato nei principi generali che caratterizzano lo MPA.

Una tale impostazione permette l'aggregazione di forze diverse, provenienti da movimenti comunque originati, che possono aggregarsi per produrre lavoro politico comune, dove nessuna posizione è maggioritaria, e tutte le posizioni hanno diritto di cittadinanza.
In un tale movimento politico le forze provenienti dai vari movimenti aggregati si concentrano sulla sostanza delle cose, sul confronto delle idee, sul dibattito allargato, sulla produzione di documenti tematici, convegni ed altro, un mix dove l'appartenenza d'origine diventa gradualmente irrilevante.

Il risultato è la produzione di cultura politica. Se a questo punto qualcuno decide di candidarsi ad una carica elettiva esterna, attinge da questo patrimonio culturale e formula una SUA proposta politica, che non appartiene allo MPA, ma solo a lui, e gli elettori sono chiamati a giudicare lui e la sua proposta, sia a livello di primarie che in seguito.
Rompere lo schema del POTERE interno del movimento politico porta il confronto soltanto sul piano delle idee e delle proposte e le figure che si candidano a ruoli elettivi esterni ricevono più o meno consenso in base alla loro personale capacità di interpretare ed esprimere posizioni largamente condivise, senza interferire con l'organizzazione interna, che ho uno scopo diverso.

Nelle occasioni elettorali i candidati debbono attivarsi autonomamente per raccogliere consensi, e nessuno riceve da MPA un sostegno particolare; vengono offerte a tutti le medesime opportunità di rendersi visibili e di divulgare le proprie proposte politiche. Serve naturalmente una fase di elezioni primarie interne in cui le candidature ricevono il voto dei loro elettori.
Se le candidature sono 1000 ed i posti disponibili sono 100, MPA metterà in lista i primi 100 candidati che hanno ricevuto più voti degli altri, in un ordine di lista funzione del numero di voti ricevuti. Procedura semplice e trasparente. MPA poi si presenta alle elezioni col suo unico nome e con la lista di candidati espressa dai votanti alle primarie. Il programma MPA reso pubblico potrebbe essere quello del candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti, rendendo tuttavia noto a tutti gli elettori che ogni candidato esprime un proprio programma elettorale, e che quel programma si impegna a sostenere se verrà eletto.

L'organizzazione interna di MPA potrebbe facilitare le cose agli elettori producendo un programma estratto che metta in evidenza le proposte comuni a tutti i candidati eletti e le proposte divergenti dei vari candidati.

Un tale movimento politico, che si potrebbe definire “anarchico”, se l'uso della parola non fosse in sé controproducente sul piano della comunicazione, può funzionare sulla base di REGOLE abbastanza rigide che garantiscano una netta separazione tra chi si occupa di fare politica nel partito oppure di far funzionare la sua organizzazione e chi intende invece candidarsi a cariche elettive esterne. Il partito è anarchico in quanto impedisce la formazione di gerarchie di potere.
Gli incarichi organizzativi interni debbono avere luogo su base elettiva, per periodi relativamente brevi (2 anni) e funzionali soltanto a favorire lo sviluppo della comunicazione interna ed esterna del movimento e la produzione di cultura politica, escludendo che si possano ricoprire allo stesso tempo funzioni organizzative e candidature politiche.

Questa visione del partito moderno può portare ad un generale rimescolamento delle carte e stimolare una produzione di nuovi soggetti, candidati a cariche istituzionali, in totale assenza di una leadership di partito, che perde in questo caso ogni significato politico.

In un tale movimento politico trovano posto tutti, a condizione di riconoscersi nell'ambito di alcuni valori di riferimento da sottoscrivere, considerati discriminanti per l'appartenenza e la candidabilità.
Questa larghissima inclusività facilita la crescita di un movimento popolare di massa ed impedisce che qualcuno ne prenda il controllo, delegando agli elettori la responsabilità della scelta di singole persone, di cui il movimento non risponde, perché non è lui a sceglierle ma gli elettori.



Nessun commento:

Posta un commento